Nel resoconto del parto forzato avvenuto ai piedi dell’intrico di ferrame
si legge: “Elena fu smentita dal Saggio delle Arance
ritto su una catasta di obelischi porosi, clave e crani lavati
… raccolti i suoi stracci, volò nel grande passato delle Meridiane
ricostruito continuamente sui fazzoletti
e sputò sui lavori dall’alto della sua fortezza dalle ali pesanti.
Sul suo prato piramidale si inerpicavano i portatori di siero imperiale
fabbricavano legname dall’acciaio e traversine dalle pellicce di opossum
dalla mattina alla sera; all’alba lei si dichiarava scontenta
ed esigeva la sferza di montone e il decubito nella brace molucchese.
La sua crudeltà giungeva al punto di seviziare i calabroni
la sua avidità si spingeva fino a derubare i contadini delle Cicladi.
Nel medaglione che ogni abitante dell’Atlantico doveva portare al collo, compresi i pesci-sibille e le giraffe-squillo
aveva fatto incidere: “Io sono… Io ho… Io percepisco”
intendendo così far sapere che perfino le schiere persiane la veneravano.
Nell’ottavo capitolo si legge di una punizione scontata in 9000 mesi
non è detto se da lei o per lei
ma forse era al suo cospetto. La narrazione prende una piega inaspettata
al secondo versetto della decima egloga, che è una pagina memorabile perché è l’ultima notizia che si ha dell’umanità
e fra l’altro vi si parla di bisacce e pelli di vacchetta
e di un carico d’avena che doveva essere rovesciato dai faraglioni
per ricolmare parzialmente il cimitero delle seppie.
Ma l’inventore del recitativo morì nel giardino dei limoni
e da quel momento non sappiamo più nulla delle sue cantate profane.
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1975