Svaporata la pietra magmatica
tocco la giudiziosità senile delle ovvie architetture.
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Ombrano i muri, già fregiati
di fervida impazienza
da un Krakatoa entusiasta,
gli ippocastani del salotto.
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30/9/1985
Svaporata la pietra magmatica
tocco la giudiziosità senile delle ovvie architetture.
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Ombrano i muri, già fregiati
di fervida impazienza
da un Krakatoa entusiasta,
gli ippocastani del salotto.
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30/9/1985
Apostrofata dal sole
ordendo morte sulla secca
la barca piroetta,
intacca la trina del frangente.
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La rete dilaniata
fotografia di un energico passaggio.
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Altrove, bocche aperte in perpetuo
sul dorso impressa
la mano iridescente dell’oceano
un baleno mozzato.
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20/9/1985
Da un trillo scaturì l’universo.
Un trillo spruzzò nel vuoto le stelle,
partorì robusti accordi, filigrana del cosmo.
A quale piano si appoggiarono le mani?
Ancor oggi le sorti e i tempi
regge uno stamburare.
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12/8/1985
Grandinata di rose. Apro l’ombrello,
ragno avvolto in un nero mantello.
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Passeggio fitto sotto l’acqua.
Una ragazza dallo sguardo impubere
beve la pioggia col seno.
Batte in uno spiraglio
una luce che non marcisce.
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Tenebra lenta di spessa fibra
accomuna il ghiaccio e la rocca
(viaggia a nera, tagliente andatura)
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7/6/1985
Mi abbevero alle storie, biondo letto
d’immensa combustione
dell’avido, pregno passato
che reca, perfetta concrezione,
fumo d’oblio invetriato.
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4/4/1985
Timorose aderenze
crescita delle mani
alte linee, volute nella clamide.
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Tana d’acqua, grondanti
matematiche d’occhi.
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Sotto il piede consunto
all’infinito replica la sabbia
le sue vetrate verdi.
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13/5/1984
C’è una ferita in un corpo
che nessuno reclama.
Molte occasioni bianche
volano via dal corpo,
molta notte lo preme.
Seguitando a giacere
mastica vanghe verdi e onori resi,
passi squisiti di visitatori,
infarinato di strada,
rosso e orgoglioso.
Giungono piedi, ordini,
si conficcano sotto
la schiena e tra le costole;
giungono i portabende, ma è l’inchiostro,
la palude d’inchiostro
che li trattiene a sessanta metri
(lambisce le scarpe
la nera risacca).
C’è un indeciso servizio funebre
che percorre le strade scricchiolando;
ci sono dintorni protettivi
e infermiere di gesso che pattugliano
la campagna, nei loro
camici infreddoliti.
Il corpo cola bistro d’insetto vecchio,
molle presso la bocca,
le ginocchia non più necessarie.
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25/1/1983