Sento il bisogno di dirti qualcosa di terribilmente stellato, di rocamente cospicuo, di affabilmente umido.
Qualcosa che istituisca il giunco e il diadema, qualcosa come un suono di lucertole, un fumo lavato nella sabbia, un diaframma di vigore.
E devi udirmi con simmetria paziente, con ospiti, con acqua cicatrizzata, mentre nelle tue orecchie si rovesciano le tenebre, e uno zampillo secco aspetta nell’aria, e una stanza si corruga.
Ti dirò ciò che in mille mutazioni della tua carne ho appreso, ciò che un amore veloce ha sottomesso, ciò che in te scende devastante come feroce albero temporaneo, quanto di indicibile, di intrinsecamente labiale ti percorre e ti altera, l’incendio che instaura la tua bocca e destituisce la tua schiena.
Nel tuo mattino inferiore
si arrestano leopardi
nel corsivo del tuo piumaggio
si perpetrano avori
.
Lavoro su una sponda di saggezza e di combustione
per vederti lentamente
per assediare l’incenso che ti sospinge
nella lava centrale degli amori e degli osanna famelici.
.
.
.
28.11.1979