La vita si legge in nastri rupestri

La vita si legge in nastri rupestri

affumicati dal tempo, fecondati

dal magma aureo degli occhi.

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Baratri in cui si annidano

arti lillipuziane,

folle di licaoni, romanzi di orche gialle;

moli da cui prende il largo

l’uomo in perenne deriva

dalla proda di pietra corinzia.

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Navi incatenate affondano

nelle spire di incensi.

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L’alba un arazzo di ipotesi

lussureggianti.

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7/1/2024

Dormiente, la penna tra le dita

Dormiente, la penna tra le dita,

mi incammino mollemente sul tuono,

la fronte fasciata di leopardi.

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Fronteggio un mondo di fantasie murate,

abetaie dissolte, atolli in fuga

e destini che affondano fino al ginocchio.

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Su di un prato rialzato

schermi lignei dal piano marezzato

lampeggiando decidono vite.

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7/12/2023

Mi levo sulle stuoie

Mi levo sulle stuoie, ponendomi a questa

finestra che inquadra residui di architettura:

mezzo frontone, un mozzicone di campanile,

un tratto di ballatoio;

le nubi che insoddisfatte riedificano

senza posa le loro sculture.

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Compongo il mio profilo sul perno celeste,

soggetto ai climi, ai densi umori planetari, 

intorbidato dall’acqua delle mappe.

La mia vita si spende nella pagaia:

sensazioni flessuose si accomiatano alle anse,

richiami di fiere oltrepassano il corpo ammutolito.

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Prigioniero del lucernario

risalgo i raggi sconfitti

(affondano nel ventre della casa)

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L’orazione spezza per sempre i suoi scudi:

muore nel fulgore ellenistico, come statua ripudiata,

muore tra l’incertezza e la fatica, come una talpa invecchiata,

e infine muore, asciuttamente, con labbra grinzose.

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Questa dovrebb’essere, e non è, la fine:

la penna riappare sull’ala, i luoghi s’empiono di parole,

il canterano di vecchi tessuti abusivi e neri cimeli.

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Chi può dire, tra breve, che altre fole

racconteranno ospiti semiseri

rimestando la cenere nei piatti?

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9/9/1982

È la consolazione del vecchio

È la consolazione del vecchio

rimasto a guardare un punto

non trovato nell’aria

con due stelle slabbrate.

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È il plasma dell’artefice febbrile

che risale abbracci copiosi

di vite immaginarie.

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È un’attenzione, impartita dalle alture,

ai testi gutturali della notte,

agli spilli iracondi della pioggia,

al volo primario dei ghiacci.

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28/4/1982

Rivolto la guerra con le due vite

Rivolto la guerra con le due vite

rivolto la tua strada, che è un plotone sperduto

(la rivolta ne fa un piano accantonato e un tasto assoluto).

La guerra, anche lei, e anche la fanciulla

indiavola l’archetto sopra stalle e falangi

dove stormiscono raggi. La salvezza è nuova,

è vanto, è bambino prestigioso,

moneta deserta e vaso d’asfissia,

scatola chiara e mimica sigillata,

cane immortale e proboscide tra gli amori

che frusta con tartarughe e abissi

nel momento fra il corvo e il corvo di sotto.

Quale dio si volta nella lingua?

Quale dio bollente o quale isola sazia

i cui emigranti sono tornati

riversando rubini e fiaschi di intolleranza,

nascondendosi sotto le catene e i ragni e fuggendo nei ragni,

ascoltando in quei gusci il rotolare dei castelli, i fianchi della bellezza.

Non li aspettano le donne, morte sulle colline con le loro vesti di furia.

Le colline scoppiano, restituendo gli amori.

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1968