Le piazze in cui mi aggiro,
senza sosta figliate da vie e vicoli,
sono ingombre di immani contrafforti.
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Non trovo via d’uscita
dalla catena austera,
di pietra millenaria testimone
mio malgrado infinito.
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21/2/2024
Le piazze in cui mi aggiro,
senza sosta figliate da vie e vicoli,
sono ingombre di immani contrafforti.
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Non trovo via d’uscita
dalla catena austera,
di pietra millenaria testimone
mio malgrado infinito.
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21/2/2024
Si affatica sull’erta il violoncello
che non ambisce alla gloria ma a spezzare
la pietra quotidiana
gemendo di preghiera,
risalendo la china della luce,
straniero tra i nidi del gorgheggio,
oscuro agli amanti
di vaghe barcarole
rapiti da un frullo di sandali
nelle indolenti astanterie del mare.
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Noi che chiniamo la testa al rigore
del suo aratro di stento, che apre i nostri
territori di cuoio,
sostiamo attenti all’attimo
trepido in cui l’archetto
inaspettato busserà al cuore,
alla sua voluttà di eruttare.
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20/2/2024
Quando il primo raggio ferì la pietra,
cesellando le vite da istoriare,
ci fu ascolto sospeso nella valle,
gobbe si trascinarono sui versanti,
la meraviglia punse visi
illividiti.
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7/2/2024
La vita si legge in nastri rupestri
affumicati dal tempo, fecondati
dal magma aureo degli occhi.
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Baratri in cui si annidano
arti lillipuziane,
folle di licaoni, romanzi di orche gialle;
moli da cui prende il largo
l’uomo in perenne deriva
dalla proda di pietra corinzia.
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Navi incatenate affondano
nelle spire di incensi.
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L’alba un arazzo di ipotesi
lussureggianti.
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7/1/2024
Il sole ostia nera
collerica moneta del deserto
scimitarra blu sulle ossa.
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Il volto di pietra imbronciata
gli occhi vacui sorseggiano la vita
senza commento.
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4/11/1987
Svaporata la pietra magmatica
tocco la giudiziosità senile delle ovvie architetture.
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Ombrano i muri, già fregiati
di fervida impazienza
da un Krakatoa entusiasta,
gli ippocastani del salotto.
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30/9/1985
Spogliàti e procellarie sul ciglio
del vento che insegue le corone.
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Fissato dal chiarore, il mare orbo
rumina il suo mobilio di pietre e spatole
i suoi fondachi sordi.
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11/8/1981
Come un panno senza bocca
come una moneta annegata
come un dente, una sepoltura,
triste come la vergogna
come un sole appassito o un’ortica stanca,
una pietra, un cervello sporco.
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Triste, triste come un buco
e solo come un vento sradicato.
Lei respira lontano, parla in un’altra città
ha un volto di sterminio e un seno con macchie di colomba
e l’adoro con ranuncoli, gote,
serre selvagge, pallide
immensità.
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L’amore mio vaga cercando festini
perdendo unghie stordite
e non capisce se ama o è amato, o muore tra verghe
che stormiscono, spiano come un bosco velenoso
che non sopporta il languore.
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M’inginocchio nel vuoto, supponendo e gelando,
sciupando sangue in un seme folgorato.
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27.12.1979