La vita si legge in nastri rupestri

La vita si legge in nastri rupestri

affumicati dal tempo, fecondati

dal magma aureo degli occhi.

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Baratri in cui si annidano

arti lillipuziane,

folle di licaoni, romanzi di orche gialle;

moli da cui prende il largo

l’uomo in perenne deriva

dalla proda di pietra corinzia.

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Navi incatenate affondano

nelle spire di incensi.

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L’alba un arazzo di ipotesi

lussureggianti.

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7/1/2024

Con rumore di infinità si urtano

Con rumore di infinità si urtano sul camion i bidoni di tenebre

correndo verso il crepitio dei rami bianchi

sotto i passi bagnati della luce.

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Calpesto un liquido interminabilmente nero che si versa dalle mie tasche,

fermentato con tuoni urticanti, apoplessie stranamente sorridenti,

arti di portentosi vasai che sagomano il cuore.

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Sciolgo i viticci e i dubbi femminili

di pellegrine che mi si affiancano con capelli interrogativi:

la loro veloce gratitudine

rischiara la direzione del mio sonno.

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Il viandare si perde brevemente in un coro

lanoso, che movimenta l’orizzonte.

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Siedo, e mi accerchia l’aria:

tiene a distanza il tempo coi suoi falchi

e gli uomini e le loro libagioni;

mi lascia

la punitiva intimità del cruccio.

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Dèi paludosi vengono in nostro soccorso

dardeggiando cinabro, arcuando i dorsi terribili,

inforcando cavalli di corno e meteoriti:

snidano gli avversari dal fondo del baco,

sciolgono i crocchi nei viali sottomarini,

commissionano elogi a cronografi imbellettati.

Li guardiamo combattere,

impoltroniti sognatori di future rovine.

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Solo nenie fioccano sui nostri campi bianchi,

la durlindana dorme nella buccina,

scolorita vetraglia

ritorna dalla pioggia.

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È un attonito e stracco almanaccare

sui panni trepidando sciorinati,

un’attenzione vischiosa al metronomo

che si attesta nel nostro respiro.

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Con rumore di immensità si urtano sul camion i sacchi di tenebre

in corsa verso il luogo dove crepita il ramo bianco della luce.

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7/5/1982