Sei il miele partorito dalla luna
come una matassa di venti musicali
un orzo sequestrato e scosso
quando alteri le leggende della tua casa
e intingi il piede nel sopore piovuto dai tigli
.
Si urtano nella mia bocca le pietre pulite del tuo nome
fiumi rotti e scapigliati mi venano
se con lo sguardo irrompo in te
recando limo e conigli di antracite
.
La nube non s’indora e non nevica
con brandelli di bosco e salme lievi
se non l’asciughi con le tue ferite semplici
.
Non è mai altro che mancata meta
spaurito roveto e fiamma segregata
.
Mio pigolante umore
che una scarna speranza trapassa
giungerà la sua veste d’acqua serena
un lembo di parola
pellegrinaggio nelle stanze schiuse
.
.
.
27/10/1980