All’orizzonte le chiome della laguna

All’orizzonte le chiome della laguna:

il loro rosso fastoso fa arretrare i cavalli,

sequestra le lingue nelle logge,

veste di apoteosi i dignitari ducali.

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Sul canto delle sponde

un gonfalone di fiori trionfanti.

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Un proemio di luce naturale

si srotola sul corso

di arredi bianchi e vincastri

recati al fuoco nuovo.

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24/2/2024

Prilla con autorevole luce

Prilla con autorevole luce

empie dei suoi avvitamenti pani e fiale

e simulacri di zinco; impone pialle

e creste e anomalie; avvia erranti

strumentazioni, il cui rosa pervicace

si affianca alle testuggini

sboccia in ipocondria di capodoglio.

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È soggetto di spazi

percorritore di acque monotone

e algebre limacciose, fra rosse rimostranze

e contatti esitanti.

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Il bordo d’alta frescura

entro cui passeggia e trascina le sue carte,

i suoi piedi di carta, di semaforo,

le sue segnalazioni piovose, la nidiata di ulcere

sotto una torrenziale carne che cade

e una camicia che si dibatte senza lotta

corre sui crinali con ansia di treno

con velocità di preda divorata.

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Immagino che una sera, schiantandosi su una tovaglia di voci

apparsa di colpo sul vento, fra due fanciulli di vento,

alle spalle di una disperata brughiera che esiste da un’ora

disturbata da navi fioche e nere sirene

debba trattenersi più del solito,

controvoglia, e le sue gomene adirate

derubino la terra e spoglino il sale

sfruttando e asciugando, umiliando cantieri,

lasciando solo grondaie e debitori

e spigoli corrotti, e odore di midollo.

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Però una libbra, un velluto,

però un pezzo di cuore in un canale

passano come strappi nella terra

e trascinano reti di viventi

e riannodano i canti.

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20.11.1979

È il canto circolare delle gerarchie malinconiche

1

È il canto circolare delle gerarchie malinconiche

il canto mormorante degli Ordini di Sambuco

la digressione di colombi nel porfido

la guerresca apostrofe alle schiere di seta.

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Dovrei vivere una stagione da antiquario

innestandomi alla confluenza degli specchi

e impolverarmi di sole, ritto sugli estuari

cadendo nei volti in fermento per indurvi il basalto

prima che la canzone si stagli col suo profilo finale

e l’usignolo si addormenti sui cardini.

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2

Riandando per l’acuto zafferano dei sogni

svolto nei ritmi e nelle fantasmagorie:

dilapidate memorie d’uccello estenuato

spossanti bagni di piume

e un passato di piazze gremito in un pianoforte che toccano i miei peccati d’allegoria.

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3

Questo è il capitolo di legno e di fatica

qui avviluppo il mondo nella sua vicenda di stille

qui i dettami più lividi:

cogliere strali d’acqua su tormentosi sentieri,

sminuzzare il pastello dei fulgori.

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4

Dal nodo inerte

divincola il giorno il suo rettile.

Non doni al nulla la sua rivelazione

la medusa suprema.

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4.9 – 16.9.1979