C’è una ferita in un corpo
che nessuno reclama.
Molte occasioni bianche
volano via dal corpo,
molta notte lo preme.
Seguitando a giacere
mastica vanghe verdi e onori resi,
passi squisiti di visitatori,
infarinato di strada,
rosso e orgoglioso.
Giungono piedi, ordini,
si conficcano sotto
la schiena e tra le costole;
giungono i portabende, ma è l’inchiostro,
la palude d’inchiostro
che li trattiene a sessanta metri
(lambisce le scarpe
la nera risacca).
C’è un indeciso servizio funebre
che percorre le strade scricchiolando;
ci sono dintorni protettivi
e infermiere di gesso che pattugliano
la campagna, nei loro
camici infreddoliti.
Il corpo cola bistro d’insetto vecchio,
molle presso la bocca,
le ginocchia non più necessarie.
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25/1/1983