Pensieri assortiti – 7

Esseri umani

In fondo siamo come insaccati esposti in salumeria: un impasto di passato avvolto in una pelle di presente, appeso a un filo di futuro.

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Pistolero smemorato

Morì in una sparatoria. Per ricordarsi di un impegno, aveva fatto un nodo alla canna della pistola.

Riflessioni sul Covid-19

Nel ripercorrere la storia del Covid-19, salta agli occhi una cosa: la risposta più efficace a una situazione d’emergenza l’ha data una dittatura. Sotto una dittatura il governo non deve preoccuparsi del consenso popolare, dunque può prendere le decisioni più brutali senza incontrare opposizione.

A prescindere dal fatto che il virus sia nato o no in laboratorio, finché la sua circolazione si è svolta in un ambito limitato, il governo cinese ha messo a tacere la cosa mentre studiava le iniziative da prendere. Ma quando l’epidemia ha assunto proporzioni tali da non poter più essere nascosta, è intervenuto con estrema decisione e brutalità, isolando una città di 12 milioni di abitanti come Wuhan. Una città come quella non la si isola con la persuasione: hanno schierato l’esercito con l’ordine di sparare.

Parallelamente hanno proceduto a disinfestazioni massicce con autocisterne che sparavano disinfettante per le strade, mentre gli abitanti se ne stavano tappati in casa. Non si sono limitati a campagne televisive, multe o gride manzoniane. Chi sgarrava veniva fatto fuori.

Tutto ciò è impensabile in un qualunque Stato occidentale. Però ha funzionato. Non credo minimamente alle cifre di 80.000 contagiati e 3.000 morti. Probabilmente vanno moltiplicate per 10 o forse più. Sta di fatto che l’epidemia è stata contenuta, altrimenti non ci avrebbero mandato medici e mascherine e non avrebbero permesso alla popolazione di riaffacciarsi fuori casa.

Come si è visto, nel resto del mondo il virus è arrivato ma non è stato contrastato con la stessa efficacia: a tutt’oggi è in espansione.

Ora, supponiamo che le misure prese in occidente siano talmente deboli da non impedire al morbo di svilupparsi in tutta la sua virulenza e terminare la sua corsa lasciandosi dietro milioni di morti (per non parlare delle conseguenze devastanti sull’economia).

A quel punto sarebbe lecito aspettarsi un interrogativo, già proposto in passato sotto altra forma. L’interrogativo è se sia meglio vivere sotto una dittatura, attrezzata per intervenire energicamente nelle emergenze più gravi, o in un regime democratico, dove siamo tutti più liberi ma che, di fronte alla necessità di prendere da un giorno all’altro decisioni drastiche, non abbia il permesso di farlo.

Nella seconda metà del secolo scorso un dubbio del genere se lo posero coloro che andavano sotto il nome di “pacifisti”. Nel periodo di massimo sviluppo degli armamenti atomici, di fronte al pericolo che una guerra nucleare sterminasse l’umanità, i pacifisti chiedevano il disarmo anche unilaterale. Dal momento che non potevano chiederlo all’Unione Sovietica, che li avrebbe seppelliti di risate, lo chiesero agli Stati Uniti. Ovviamente il disarmo unilaterale di questi ultimi avrebbe comportato la prevalenza dei russi e l’estensione del loro dominio dall’Europa dell’Est a tutto il mondo. Ma i pacifisti preferivano questa eventualità a quella della catastrofe nucleare. Per riassumere la loro posizione in una frase da scandire nei cortei, coniarono lo slogan”better red than dead”.

Curiosamente questo slogan si adatterebbe benissimo alla nostra situazione: se una dittatura come quella comunista cinese è capace di salvare il suo popolo dall’estinzione e le deboli democrazie occidentali non lo sono, allora “meglio rossi che morti”.

È un ragionamento logico. Tuttavia trascura un elemento importante: il caso. Nel valutare i fatti importanti, spesso tendiamo a sottovalutare il ruolo del caso, l’influenza che eventi casuali anche di modesta portata hanno nell’imprimere una svolta al corso degli eventi (1).

Nell’esempio cinese, dobbiamo fare una riflessione. Il governo non è intervenuto subito. Ha attraversato una fase di incertezza sul da farsi, durante la quale il virus si è propagato anche fuori della Cina, senza che se ne sapesse granché. Quando ha capito la gravità della cosa, e soprattutto il pericolo dell’inerzia, il governo cinese ha affondato la lama e ha preso le misure necessarie con tutta la brutalità che la situazione richiedeva. Ma che cosa sarebbe accaduto se si fosse deciso a intervenire anche solo qualche giorno dopo? Probabilmente avremmo assistito alla decimazione della popolazione cinese.

Il caso ha influito molto sull’esito della vicenda. Se fosse accaduto il peggio, l’interrogativo se sia meglio una dittatura che salva il suo popolo, o una democrazia che non sa impedirne lo sterminio, non si porrebbe.

Per tornare all’esempio dei pacifisti, questi ultimi non hanno minimamente preso in considerazione la possibilità che esistessero alternative al loro secco dilemma (un dilemma, per definizione, ha due corni). Il caso ha voluto che due fatti imprimessero una svolta imprevista al corso degli eventi: il primo, che possiamo ancora ricondurre all’uso della ragione umana, è stato il negoziato sulla riduzione bilaterale degli armamenti, che ha gradualmente ridotto, seppur non eliminato, il pericolo di un conflitto nucleare. Il secondo, largamente imprevisto, è stato lo sgretolamento dell’impero sovietico, sotto il peso di una crisi economica non più sostenibile.

Gli esempi russo e cinese dimostrano che gli uomini non hanno il controllo assoluto dei loro destini. Il caso ne è il più delle volte l’arbitro insindacabile. Ciò non significa ovviamente che le decisioni umane siano irrilevanti, ma che il dibattito su quale sia il migliore assetto di governo non può esaurirsi nel dedurre conclusioni automatiche da eventi il cui corso non dipende, se non in minima parte, dalle teorie cui diamo credito.

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NOTE

(1) Oggi si è sviluppato un ampio dibattito teorico sulla ”teoria del caos”. Se ne trova menzione perfino in un film, “Jurassic Park”, per bocca dello scienziato impersonato da Jeff Goldblum. Se non sbaglio, lui fa l’esempio di una goccia d’acqua che scivola su una mano: la direzione che prende è influenzata da tanti fattori, praticamente impossibili da calcolare, che si può sinteticamente dire che sia casuale. Un celeberrimo esempio di questa teoria è il battito d’ali di una farfalla in Amazzonia che provoca un ciclone all’altro capo del mondo.

In epoca moderna vorrei segnalare uno scienziato, premio Nobel per la Medicina nel 1965, Jacques Monod, che si è occupato in modo molto personale della questione nel suo libro “Il caso e la necessità”.

Gli antichi pagani erano ben consapevoli di quanto i nostri destini fossero diretti da forze non controllabili dall’uomo, cui davano il nome di “Fato”.

Il dibattito politico ovviamente banalizza la questione, piegando il ruolo del caso alle opportunità di ciascuna parte, per sminuire le proprie responsabilità o accentuare quelle dell’avversario.