Sarà lento, lento il mio viaggio

Sarà lento, lento il mio viaggio,

pieno di trafitture e fremiti,

ricoperto di pesci odorosi,

fiancheggiato da cenere e rimorsi.

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Porterò con me limoni di zolfo

e un’intera cassetta di soluzioni impossibili

col suo querulo cigolio

e le sue fontane di nebbia.

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Avrò occasionali compagni

battaglioni di insulti e rimostranze,

braccia conserte di donne alla finestra,

addii di venditori di tramonti.

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Quando oltrepasserò

la soglia dei venti ammansiti,

la rosa canina degli infermi

sarà la mia stella polare.

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9/1/2024

Posso affaticarti con la poesia?

Posso affaticarti con la poesia?

Posso farti un’investitura di melograni?

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Ronzanti mi percorrono le risposte,

mi uccidono con premeditazione insistente,

mi affilano con elettricità continua.

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Tonfano giù dal libro

che sto scrivendo nella stanza accanto:

formiche di mercurio si sparpagliano, e di nuovo

batte il vento nel sacco.

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Mi riadatto ai viottoli dei soliti pensieri:

frettolose rassegne di belle mute,

un’uggia appiccicosa, un rimpianto di sculture,

un afflato decelerante, porpora d’oceano

con appendice d’oboe e di raganelle.

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26/1/1982

Sei il miele partorito dalla luna

Sei il miele partorito dalla luna

come una matassa di venti musicali

un orzo sequestrato e scosso

quando alteri le leggende della tua casa

e intingi il piede nel sopore piovuto dai tigli

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Si urtano nella mia bocca le pietre pulite del tuo nome

fiumi rotti e scapigliati mi venano 

se con lo sguardo irrompo in te

recando limo e conigli di antracite

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La nube non s’indora e non nevica

con brandelli di bosco e salme lievi

se non l’asciughi con le tue ferite semplici

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Non è mai altro che mancata meta

spaurito roveto e fiamma segregata

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Mio pigolante umore

che una scarna speranza trapassa

giungerà la sua veste d’acqua serena

un lembo di parola

pellegrinaggio nelle stanze schiuse

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27/10/1980

Come un panno senza bocca

Come un panno senza bocca

come una moneta annegata

come un dente, una sepoltura,

triste come la vergogna

come un sole appassito o un’ortica stanca,

una pietra, un cervello sporco.

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Triste, triste come un buco

e solo come un vento sradicato.

Lei respira lontano, parla in un’altra città

ha un volto di sterminio e un seno con macchie di colomba

e l’adoro con ranuncoli, gote,

serre selvagge, pallide

immensità.

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L’amore mio vaga cercando festini

perdendo unghie stordite

e non capisce se ama o è amato, o muore tra verghe

che stormiscono, spiano come un bosco velenoso

che non sopporta il languore.

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M’inginocchio nel vuoto, supponendo e gelando,

sciupando sangue in un seme folgorato.

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27.12.1979

Prilla con autorevole luce

Prilla con autorevole luce

empie dei suoi avvitamenti pani e fiale

e simulacri di zinco; impone pialle

e creste e anomalie; avvia erranti

strumentazioni, il cui rosa pervicace

si affianca alle testuggini

sboccia in ipocondria di capodoglio.

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È soggetto di spazi

percorritore di acque monotone

e algebre limacciose, fra rosse rimostranze

e contatti esitanti.

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Il bordo d’alta frescura

entro cui passeggia e trascina le sue carte,

i suoi piedi di carta, di semaforo,

le sue segnalazioni piovose, la nidiata di ulcere

sotto una torrenziale carne che cade

e una camicia che si dibatte senza lotta

corre sui crinali con ansia di treno

con velocità di preda divorata.

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Immagino che una sera, schiantandosi su una tovaglia di voci

apparsa di colpo sul vento, fra due fanciulli di vento,

alle spalle di una disperata brughiera che esiste da un’ora

disturbata da navi fioche e nere sirene

debba trattenersi più del solito,

controvoglia, e le sue gomene adirate

derubino la terra e spoglino il sale

sfruttando e asciugando, umiliando cantieri,

lasciando solo grondaie e debitori

e spigoli corrotti, e odore di midollo.

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Però una libbra, un velluto,

però un pezzo di cuore in un canale

passano come strappi nella terra

e trascinano reti di viventi

e riannodano i canti.

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20.11.1979