La vita si legge in nastri rupestri

La vita si legge in nastri rupestri

affumicati dal tempo, fecondati

dal magma aureo degli occhi.

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Baratri in cui si annidano

arti lillipuziane,

folle di licaoni, romanzi di orche gialle;

moli da cui prende il largo

l’uomo in perenne deriva

dalla proda di pietra corinzia.

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Navi incatenate affondano

nelle spire di incensi.

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L’alba un arazzo di ipotesi

lussureggianti.

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7/1/2024

Non nasce da tempo più nessuno

Non nasce da tempo più nessuno

da questo fango rossiccio che borbotta:

gli Inferi hanno smesso di ansimare

nell’argilla, velata dall’olio di globi infecondi.

Navi vuote s’incrinano nella palude rappresa,

un brontolio di cielo che digerisce

spazia sulla pesante marna.

Azzurre ramature nella diafana fascia di idrogeno

passeggiano verso il nord di vortici bianchi.

Dove una spada a piombo fonde il fango

funghi bollenti scoppiettano, a guisa

di pesci che assaltano le briciole a fior d’acqua.

E l’uomo inesistente conta ancora:

l’ombra della sua testa assente

grava la terra di opprimenti promesse,

la terra che non sa della sua morte.

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23/11/1982

Ti ho predetta

Ti ho predetta

aperta, disancorata e spaziale.

Sei venuta nell’aurora

a capo di armenti rischiarati

spezzando verghe di fuliggine, con pastorale turgore.

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Mi fai ricordare di tutte le isole

che non ho scoperto, o a cui ho impedito di nascere.

Fomenti la mia indole senza lido, che un tempo

stipulava atti di pirateria

o risolveva dubbi di circumnavigazione.

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Nulla di ciò che chiedi è sacro:

pennacchi eretici e un sincopato tubare

annunciano agli esuli di mare

la nave che ti racchiude.

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Sul tuo petto di schiuma lavorata

erra la bocca in dolce

profanazione.

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25/1/1982

Le parole giungono macchiate di morte e di astinenza

Le parole giungono macchiate di morte e di astinenza

Il sordido drappello sosta di notte davanti a una taverna chiusa

Un soldato, smontando da cavallo, dimentica il suo nome

All’interno il chiasso si mischia ai suffumigi: operazioni chirurgiche e investiture in luogo delle cerimonie dell’oste

È tutto un correre fra i tavoli, uno spegnere luci, uno slanciarsi in ardite meditazioni, un fondere oricalchi

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La paratassi dei licheni strangola la nave

La bonaccia rende infermo il cielo

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Di nuovo squarci di teorie flettono l’azione al suolo. La polvere si dissolve sull’osso piatto (per un soffio pensieroso?). La scapola interrata non testimonia l’Era.

Fermate la sepoltura degli occhi; decidete queste diatribe di sogni!

Mi accovaccio sulla linea della pineta inabissata; ancora una frantumazione, un quintetto sfilacciato, un vociare di semibiscrome nel dedalo.

I cavalieri fioccano come neve o frusta sulla strada di cera. Pandemonio di stoccate e latte colante.

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17/2/1981