Si affatica sull’erta il violoncello

Si affatica sull’erta il violoncello

che non ambisce alla gloria ma a spezzare

la pietra quotidiana

gemendo di preghiera,

risalendo la china della luce,

straniero tra i nidi del gorgheggio,

oscuro agli amanti

di vaghe barcarole

rapiti da un frullo di sandali

nelle indolenti astanterie del mare.

.

Noi che chiniamo la testa al rigore

del suo aratro di stento, che apre i nostri

territori di cuoio,

sostiamo attenti all’attimo

trepido in cui l’archetto

inaspettato busserà al cuore,

alla sua voluttà di eruttare.

.

.

.

20/2/2024

Quale pudore mi trattiene

Quale

pudore mi trattiene

dal dire: “siedo e penso”?

Il quartiere mi gravita intorno come una giacca,

distribuisco la folla nei viali,

annuso vie, edifici,

volto strade come pagine.

.

Fedele all’iniziativa cosmica, alla novità del dovere,

abbandono le famiglie e il ginepro

per piantare, tra l’amante e il volto,

l’ala del gesto nelle commessure silenziose.

.

Gli arazzi, i vessilli

(il loro risciacquo sulle pietre intontite)

gli accessori e ciò che è modesto

attendono con bramosia di folla

il compiersi dell’immensa sagra, da cui li esclude

non un decreto né un pulpito, ma un lavorio di paziente acrimonia,

un acciottolio di volumi stridenti.

Parole irsute e cenni esaltati

si accalcano ad ogni passaggio

della pialla sul mondo, come trucioli minacciosi.

Invano mi schermisco:

eroi mostruosi, dai monili guerreschi,

e picchi e alberature deformi, e oggetti straripati dal Suono,

fra cui dicotiledoni, ed aspre citazioni mi catturano:

curiosanti drappelli di Mirmidoni

malva e pervinca

dalle teste incidentalmente affioranti

con cappelli di torba, di raschio, d’ugola

ed ancora il colore allo sbaraglio,

la corsa senza moto e senza luogo,

il cielo che astutamente finge il volo degli uccelli.

.

Non v’è dolore in questa riscossa verticale,

totale, dell’amaranto: v’è arsura

come di fuoco spalmato sui muri,

fuoco grezzo, slittato

da poderosi versanti,

fuoco di ciglia, elastico,

prometeico, inutile,

come l’invetriata contro la vita.

Sospiriamo, al di qua dei vetri.

.

.

.

15/5/1982